a cura di Loredana Alfiero
Insegno in una scuola media di Roma, viaggio tutti i giorni da Napoli, ho quasi sempre fretta, ma ho anche il tempo di osservare.
Viaggio, con i mezzi pubblici e con i pensieri. Per arrivare a scuola attraverso la Tiburtina, l’autobus si ferma ogni giorno agli studi Mediaset e lascia salire ragazzi con i trolleys, accenti diversi ma spesso stessi sogni.
Li sento parlare al telefono con genitori e amici, hanno aspettative, hanno fretta di mostrarsi, a volte peró poco tempo per guardarsi dentro. Spesso i loro discorsi mi spiazzano, mi spaventa la loro fragilità.
Poi arrivo a scuola dai miei ragazzi, giovani e meravigliosi, mi chiedo cosa posso dire loro perché imparino tante cose, ma prima di tutto a guardarsi bene dentro, a stare bene attenti a non confondersi, a non perdersi.
Molti di loro amano lo sport. Ne provano tanti, ne scelgono uno.
Altri amano suonare, ho un alunno rompiscatole e brillante che col piede batte a tempo di musica la mia lezione di grammatica inglese, l’altro giorno abbiamo ascoltato ‘Imagine‘ e gli ho spiegato che se conosce la grammatica, fa meno fatica a ricordare il testo, ci siamo così incontrati a metà strada. É stato fantastico, ne siamo usciti ricchi entrambi.
A volte a scuola parlano delle loro passioni, io li ascolto, perché loro vanno ascoltati. Se parlano, stanno bene, quando nn lo fanno, c’è da stare all’erta, cerco di tenerlo sempre bene a mente.
Quello che davvero provo ad infilare nelle loro giornate, specie in quelle in cui voglia di studiare proprio non se ne trova, é che possono trovare una strada, che sia loro, che certo può non andare come credevano, come volevano, ma loro hanno potenziale e possono piegarsi, senza rompersi, possono essere resilienti e trovare del buono in ogni esperienza.
Scegliere una poesia che sappia di loro e un libro che a tratti nella vita riprenderanno e ogni volta gli aprirà dentro lo scorcio immenso che sempre, sempre, devono inseguire.
In classe abbiamo attaccato un cartellone, c’è scritto ‘Never give up‘.